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La Comune di Ferrara | Femminile, Plurale, Partecipata

Autore: admi2

UNA CITTÀ PER LE DONNE: IDEE ED ESPERIENZE DELL’AGIRE POLITICO

“Una città per le donne” è il punto nove del programma de La Comune di Ferrara, ed è stato anche il tema dell’incontro di giovedì 30 maggio, uno scambio di idee e di esperienze tra la nostra candidata sindaca, Anna Zonari, e tre ospiti davvero straordinarie, attivamente impegnate in politica: Laura Lieto, Vicesindaca del Comune di Napoli e Professoressa ordinaria di Urbanistica presso la Facoltà di Architettura ‘Federico II’; Francesca Druetti, nuova Segretaria nazionale di Possibile; Silvia Panini, attivista di VOLT Modena e VOLT Europa, candidata alle elezioni europee per la Circoscrizione Nord-Est.

È la prospettiva femminile che oggi ha un potente potere trasformativo, in un contesto pieno di sfide che riguardano crisi climatica, nuove generazioni, fasce deboli della popolazione, inclusione. Cambiare punto di vista serve, è improrogabile, non si può aspettare ancora.

Una città pensata dalle donne e con la partecipazione delle donne non può essere che una città più accessibile e più vivibile per tutti e tutte, indipendentemente da età, provenienza geografica, appartenenze politiche e religiose.

Abbiamo chiacchierato insieme di tante cose, e non penso che le persone presenti (che hanno sfidato il temporale pomeridiano) se ne siano pentite. Perché l’entusiasmo dell’agire di queste donne ha dimostrato che un’alternativa c’è, che si può fare, che l’utopia in politica è un valore.

Ce lo ha detto anche Pippo Civati, arrivato a Ferrara per sostenere la candidatura di Anna la sera prima: la politica non serve se non si recupera la dimensione platonica dell’utopia. A cosa serve la politica se non si può immaginare la realtà in un modo diverso e migliore? (tra parentesi, è appena uscita la seconda edizione del suo libro “Un po’ di possibile”, ed. People).

‘Femminile’ non è una categoria di genere

‘Femminile’ per La Comune non è una categoria di genere: è un modo di stare al mondo, che abbraccia la partita delle differenze, delle diversità e che lo fa con gentilezza e coraggio, sempre, anche quando l’ingaggio da privato diventa pubblico.

Gentilezza e coraggio: anche queste due parole sono da riscoprire oltre il loro comune significato, nella dimensione dell’agire politico, nella loro profonda accezione, come fa Gianrico Carofiglio in “Della gentilezza e del coraggio – Breviario di politica e altre cose”.

La gentilezza va intesa come metodo per risolvere i problemi, risolvere i conflitti, come strumento per produrre senso nelle relazioni umane.

Il coraggio va inteso come virtù civile ma anche come veicolo di cambiamento.

Agire politico femminile come veicolo di cambiamento

Veicolo di cambiamento infatti è l’agire di Anna Zonari, attivista da quando era giovane, psicologa clinica e di comunità che ha dato coerenza al suo percorso di vita nella professione: da vent’anni è impegnata in progetti per il bene comune, per la giustizia sociale e climatica, e considera la politica una politica dal basso, una politica della cura. Come lo è l’agire politico delle ospiti dell’incontro del 30 maggio.

Laura Lieto perché da Vicesindaca ha portato il suo background di etnografa urbana che si occupa di innovazione sociale nei quartieri vulnerabili di Napoli (dopo averlo fatto anche a New York), tra le altre cose dei recenti progetti di rigenerazione urbana con i fondi PNRR a Scampia (ci ha detto “Gomorra non è tanto diversa da come si vede in televisione!”), Ponticelli e San Giorgio a Teduccio, che mettono in gioco importanti processi partecipativi per coinvolgere attivamente la cittadinanza. La sua idea è quella di costruire relazioni significative e lavorare su progetti di vita per le donne, co-progettando servizi di comunità e creando spazi intermedi per accogliere i bisogni delle fasce più deboli della popolazione, sempre più specifici, sempre più urgenti, sempre meno intercettati dal Sistema Sanitario Nazionale.

Francesca Druetti ci ha parlato della sua esperienza in Possibile, il primo progetto politico che ha abbracciato, portando la sua sensibilità per la questione di genere (cui ha dedicato il libro scritto con Beatrice Brignone “I nostri corpi come anticorpi. La risposta delle donne alla reazione della destra, e dei diritti LGBTI+”), che è anche campo di azione di Possibile con le sue proposte per la parità salariale (proposta di legge), la certificazione di Equal Pay, la Tampon tax, l’equiparazione dei congedi parentali: proposte che in altri paesi sono già realtà, a cui si affianca la battaglia culturale per il contrasto agli stereotipi, al sessismo in ogni ambito, al sistema patriarcale che ci circonda.

E poi, la luminosa, giovanissima Silvia Panini, che trasuda entusiasmo per il cambiamento nel suo modo di parlare e di guardarti: pronta per l’Europa, lei, che cresciuta tra Francia e Germania poteva rimanere all’estero… E invece no, è voluta tornare in Italia per creare spazio e contribuire a cambiare un sistema che le sembrava immobile. I temi sul piatto sono quelli della ‘complessità’ europea (che per la visione femminile non è problema ma ‘articolazione’ e opportunità), del debito pubblico, del reddito universale di base. Nel frattempo sta raccogliendo firme per lo psicologo di base in Emilia-Romagna, a supporto del disagio adolescenziale sempre più diffuso.

Ferrara femminile, plurale e partecipata

Avanti tutta dunque: nel punto nove del programma di Anna c’è tutta la trasversalità di un modo di stare al mondo che abbraccia ogni cosa e ogni persona.

Per approfondire:

Laura Lieto

https://napoli.repubblica.it/cronaca/2023/12/09/news/donne_lavoro_lieto_napoli_comune-421613213/

https://formiche.net/2023/12/la-vera-rigenerazione-si-fa-con-le-persone-lintervento-di-laura-lieto/

Francesca Druetti

https://www.possibile.com/

Silvia Panini

https://www.voltitalia.it/author/silvia-panini/

Letture:

https://www.peoplepub.it/i-nostri-corpi-come-anticorpi

https://www.peoplepub.it/pagina-prodotto/un-po-di-possibile 

https://www.feltrinellieditore.it/opera/della-gentilezza-e-del-coraggio/

Ornella Menculini

Esperta di comunicazione, sostenibilità e Responsabilità Sociale di Impresa

FERRARA CITTÀ EDUCANTE

Una città educante è quella che apprende e in cui si apprende, che promuove la formazione in tutte le età della vita anche al di fuori delle sedi tradizionali, in una prospettiva inclusiva, sostenibile e di genere. Il diritto a una città educante si propone quindi come un’estensione del diritto fondamentale di tutti all’educazione.

Ferrara potrebbe diventare una città di questo tipo se e quando riconoscerà, eserciterà e svilupperà, accanto alle sue funzioni tradizionali, una funzione educativa, ovvero quando sarà capace di assumere un’intenzionalità e una responsabilità circa la formazione, la promozione e lo sviluppo di tutti i suoi abitanti, a partire dai bambini e dai giovani.

Se Ferrara farà sentire ciascuno come parte di una comunità capace di dialogare, di confrontarsi e di cooperare, allora potrà esprimere e sviluppare il proprio potenziale fatto di unicità, creatività e solidarietà. Ferrara potrà diventare una città educante se riuscirà ad offrire ai suoi abitanti tutte le sue potenzialità e se insegnerà loro ad utilizzarle.

Potrà riuscirci se promuoverà l’educazione alla diversità orientata alla comprensione, alla cooperazione e alla pace nel mondo; ce la farà se combatterà qualsiasi forma di discriminazione e se favorirà la libertà di espressione, la diversità culturale e il dialogo tra generazioni in condizioni di uguaglianza.

Una città educante è una città che non dimentica il passato, che sa vivere il presente e che sa immaginare e progettare un futuro migliore per tutte e per tutti.

Mauro Presini, maestro

I GIOVANI AL CENTRO DI UN’AZIONE POLITICA, DI VISIONE E DI CITTÀ

Quando si parla di futuro, si parla necessariamente di giovani. Ma si parla un po’ meno di come effettivamente rimettere i giovani al centro di un’azione politica, di visione di città. Perché un giovane non è solo un lavoratore in formazione, inserito in un contesto che lo porti a diventare uno strumento di produzione di ricchezza. I giovani sono di più: sono centro nevralgico dello sviluppo di una città, che senza di essi, si impoverisce; sono motore del cambiamento culturale, sono slanci di entusiasmo.

Primo punto di visione di città: rimettere al centro i giovani significa garantire loro una città su misura per loro, in cui possano riconoscersi appieno nelle parole dell’articolo 4 della Costituzione: “ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. Per farlo, è necessario rafforzare, e laddove necessario creare, una connessione tra i tre capisaldi che possono fare naturalmente parte della crescita delle nuove generazioni: la famiglia, la scuola e il cosiddetto Terzo settore, ovvero tutte quelle realtà quali Associazioni di volontariato, Associazioni sportive, Accademie musicali. Con la piena collaborazione tra queste strutture, i giovani in età scolare potranno usufruire di realtà che, ciascuna all’interno della propria sfera di competenza, li aiutino nell’individuare le proprie aspirazioni e realizzare i propri obiettivi. La Comune di Ferrara si impegna a potenziare i servizi per il diritto allo studio e i progetti formativi per tutte le età per favorire queste connessioni.

Superata l’età della scuola dell’obbligo, la città deve continuare a essere un luogo in cui trovare la propria piena realizzazione, sia nel contesto lavorativo, sia che invece si prosegua nel percorso universitario. In particolare, il tema dell’Università è centrale per Ferrara, a cui è spesso riconosciuto il titolo di “città universitaria”. Infatti, ad UNIFE sono iscritti oltre 26mila studenti universitari a fronte di una popolazione di 130 mila abitanti (https://www.unife.it/it/ateneo/passato-futuro/unife-in-cifre). Solo attraverso una mutua e continua collaborazione Città e Università possono fiorire: da processi di ricerca possono emergere tecnologie in grado di arricchire il tessuto economico della città. L’Università ha inoltre bisogno degli spazi della città (aule e alloggi) per poter svolgere al meglio la propria funzione educativa.

Secondo punto di visione di città: creare le condizioni per un colloquio aperto con l’Università, con i settori produttivi e le agenzie formative per garantire la piena realizzazione di cittadine e cittadini. Inoltre, è necessario identificare, in collaborazione con agenzie di settore e con i rappresentanti degli Enti per il diritto allo studio, un piano alloggi e di residenzialità, in quanto circa l’80% degli studenti universitari vive in nuclei familiari residenti fuori provincia. La Comune di Ferrara si propone di realizzare una città-campus, con l’obiettivo di rendere la città accogliente per i giovani che la scelgono e di favorire processi di internazionalizzazione e processi economici e lavorativi di qualità. 

Diventa necessario impostare un nuovo ritmo per i giovani: un ritmo non basato sulla fretta, sulla velocità, sulla competizione, che generano l’ansia di cui sempre più spesso sentiamo sempre parlare, ma sul tempo delle scelte. Bisognerà lavorare trasversalmente, in tutte le scuole di ogni ordine e grado, per insegnare un linguaggio empatico con programmi dedicati, anche attraverso l’istituzione di corsi di educazione affettiva, con la volontà politica di promuovere relazioni assertive.

Giulio Mezzadri

Assegnista di Ricerca in Fisica, co-portavoce del comitato Ferrara Possibile “Rosa Parks”

Candidato nella lista de La Comune

CONSIDERAZIONI SULLE PROSPETTIVE ECONOMICHE E SOCIALI DI FERRARA

Un’Amministrazione accorta, in relazione alla situazione economica e sociale del proprio territorio di competenza, dovrebbe ragionare in prospettiva, considerando un arco di tempo di almeno alcune decine di anni. Lo deve alle “nuove generazioni”: i giovani di oggi e i cittadini futuri, i nostri figli e nipoti, presenti e potenziali. Per fare questo è necessario elaborare un progetto, che partendo dall’analisi della situazione presente, contenga gli interventi necessari per raggiungere gli obiettivi ritenuti auspicabili.

Pensiamo che tali obiettivi siano il contenimento della povertà (assoluta e relativa), la riduzione delle differenze sociali e la garanzia per tutti del godimento dei diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione della Repubblica. In altre parole ciò significa contribuire, in quanto articolazione dello Stato, a “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” (Articolo 3 della Costituzione Italiana)

A Ferrara i dati sul mercato del lavoro non sono incoraggianti: il tasso di attività è il più basso della Regione e la Provincia perde occupati (nel 2022 ne ha persi 4000). La povertà è in aumento, come testimoniano le realtà di volontariato che se ne occupano (il Comune ha cessato le attività di rilevazione su questo fenomeno, come su occupazione e redditi, nel 2019). L’agricoltura, come del resto l’industria, sta attraversando un momento critico (anche per effetto del riscaldamento globale) non soltanto nella nostra provincia, di fronte alla necessità di una transizione ecologica e tecnologica, che richiederebbe certamente una maggiore consapevolezza da parte degli operatori del settore.

Neppure il turismo se la passa bene (è ancora deficitario in termini di presenze rispetto al 2019) nonostante il massiccio investimento da parte del Comune per la sua promozione. In effetti la prospettiva sulla quale punta l’attuale Amministrazione sembra essere questa, se si pensa alle innumerevoli iniziative a fronte di una praticamente inesistente politica industriale.

Ma è davvero al settore turistico che si può legare la speranza di un futuro più equo e più ambientalmente e socialmente sostenibile? Innanzitutto quale turismo? Il modello adottato da questa Amministrazione, basato sulla quantità degli eventi e sulla loro eterogeneità sembra non funzionare. I dati su arrivi e presenze sembrano confermare la modalità “mordi e fuggi”, che vede come protagonisti visitatori provenienti da un raggio geografico limitato. Il calo degli stranieri conferma questa impressione. Andrebbe avviata un’analisi specifica sulle ricadute della politica “culturale” del Comune sui diversi soggetti economici (di quella annunciata e affidata all’Università di Ferrara, sull’impatto dei grandi eventi, non si è ancora vista traccia).

Anche ammettendo che il settore decolli, quale sarebbe il suo impatto sociale? Sarebbe in grado di garantire gli obiettivi definiti in premessa? Un recente saggio di Alessandra Coin, “Le grandi dimissioni”, descrive i settori della ristorazione e dell’accoglienza (insieme alla sanità) come quelli che, dopo la pandemia, hanno conseguito il record delle dimissioni volontarie. La ragione è legata alle pessime condizioni di lavoro: bassi salari, precariato, scarsa qualità dei contratti e loro mancato rispetto, lavoro nero, discriminazioni di vario genere. Un’indagine di Almalaurea del 2023 condotta tra i laureati del Corso da Manager degli Itinerari Culturali dell’Università di Ferrara, mostra che sui laureati dell’anno precedente che lavorano (66,7% tra gli uomini e 37,5% tra le donne), gli assunti a tempo determinato sono il 75%, confermando che anche tra gli addetti più qualificati la precarietà è la regola. Poiché, come dimostra la Coin, anche i settori della cultura e della GDO (quest’ultimo in continua espansione) presentano problemi analoghi, è facile prevedere che uno sviluppo turistico associato ad un declino del secondario e del terziario di qualità, anche ipotizzando una stabilità dell’agricoltura, porterebbe ad un impoverimento complessivo del Comune. Una ricerca sulla realtà del Salento, dove il turismo è letteralmente esploso, è arrivata a questa conclusione.

Valutando poi in prospettiva, pensando alle pensioni maturate con il nuovo sistema pensionistico (Fornero e successivi interventi peggiorativi) e frutto di una carriera discontinua e caratterizzata da un basso salario, la realtà sociale futura si presenta come drammatica: i lavoratori poveri saranno pensionati ancora più poveri, e alla crisi del welfare universale si sommerà il drastico ridimensionamento di quello familiare. Questo per la maggioranza della popolazione, mentre chi avrà beneficiato dell’incremento della rendita immobiliare, effetto perverso dello sviluppo turistico, si troverà in una situazione comparativamente migliore, con il risultato di un aumento delle disuguaglianze. È evidente quindi come sia necessario un intervento forte e consapevole da parte della Pubblica Amministrazione, che sia in grado di far evolvere in modo equilibrato la struttura economica locale nell’ottica ormai imprescindibile della conversione ecologica, tale da mettere a disposizione dei giovani che escono dai percorsi formativi locali occasioni da lavoro qualificate anche nei settori dell’industria e del terziario avanzato. La storia e le risorse culturali e industriali della città consentono di agire in questo senso.

Inoltre il Comune, sull’esempio di quanto già messo in atto da diverse Amministrazioni (tra le altre Livorno e Firenze), dovrebbe impegnarsi per migliorare le condizioni di lavoro sul territorio di sua competenza. In particolare pensiamo all’introduzione nei bandi gara, per la realizzazione di opere o per la prestazione di servizi, del vincolo secondo cui devono essere applicate le condizioni previste dai contratti sottoscritti dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, e comunque che la retribuzione oraria non sia inferiore ai 9 euro/ora. La misura dovrebbe naturalmente essere applicata anche nei casi di subappalto.

Il Comune inoltre dovrebbe impegnarsi nella lotta al lavoro nero, affiancandosi nell’attività di controllo alle istituzioni preposte (INPS e Ispettorato del Lavoro), e limitare per quanto possibile il ricorso al lavoro precario. Un affiancamento delle istituzioni succitate è necessario anche al fine della prevenzione degli incidenti sul lavoro, attraverso il controllo puntuale delle norme sulla sicurezza.

Va infine programmato un piano di assunzioni che consenta di acquisire tutte le competenze tecniche necessarie a garantire ai cittadini e alle imprese di avere tempestivamente le risposte necessarie alle loro richieste, di rendere l’Ente in grado di gestire autonomamente l’attività di programmazione e pianificazione e di consentire di riportare all’interno le attività esternalizzate negli anni passati.

Sergio Golinelli

Insegnante in pensione

Candidato nella lista de La Comune di Ferrara

L’ECONOMIA FERRARESE: POLITICA DI SVILUPPO SOSTENIBILE O CORSA AL RIBASSO?

In questi anni, Ferrara non ha mai recuperato il differenziale di crescita del valore aggiunto con le altre città dell’Emilia-Romagna (dati dell’Istituto Tagliacarne). Con i suoi 26.337 euro procapite, la città è ultima in classifica e cinquantottesima provincia in Italia (al di sotto della media nazionale, che è di 29.703 euro).

I settori che crescono sono essenzialmente legati ad attività del terziario: in particolare i servizi alle imprese, aumentati in meno di dieci anni di oltre due punti percentuali. Si assiste a una leggera flessione del settore primario (che rappresenta circa un quarto di tutte le realtà produttive della provincia) e del commercio (che scende sotto la soglia del 20% delle imprese ferraresi). Il manifatturiero e il turismo registrano variazioni più contenute e di segno opposto tra loro: l’incidenza industriale è in calo, ed è viceversa in crescita quella dei servizi turistici di alloggio e ristorazione.

La città è defilata dai distretti industriali della via Emilia e della Romagna, con un tasso di disoccupazione che si attesta intorno all’8% (previsioni 2024 CCIAA FE-RA), e con una percentuale di disoccupazione giovanile tra le più alte della regione. In questi anni, le mancate azioni per sostenere il tessuto industriale (sempre polarizzato tra la grande impresa del Petrolchimico e le piccole imprese che compongono il tessuto locale) si sono fatte sentire. L’occupazione (anche quella di molti cittadini del capoluogo) è calata nelle grandi imprese del territorio, quali VM e Berco, ma anche nel ‘distretto’ di Ostellato, senza che l’Amministrazione locale e la Provincia siano mai stati interlocutori per gli investitori in fuga.

Un elemento fisico da implementare per essere maggiormente convincenti e attrattivi, e ottenere investimenti esterni da parte di chi aveva già investito a Ferrara, poteva essere quello infrastrutturale, non necessariamente legato all’autostrada ma rivolto alla ferrovia e alla costruzione di una rete di trasporto pubblico metropolitano tra Ferrara, Modena e Bologna. Da questo punto di vista, Ferrara dovrebbe nei fatti diventare una polarità del sistema metropolitano bolognese, oltrepassando i limiti della Legge 7 aprile 2014, che identifica amministrativamente e al di fuori di ogni logica geografica la città metropolitana nell’ex provincia di Bologna.

Con il piano di finanziamento del PNRR questa poteva diventare un’occasione di potenziamento del sistema viario locale a basso impatto ambientale, in grado di creare sinergie fra i tre centri emiliani sotto ogni punto di vista: mobilità studentesca, interazioni tra università e centri di ricerca, movimento merci delle imprese.

Ora si cerca di rimediare con l’istituzione delle cosiddette ZLS (zona logistica semplificata). Quest’area beneficia di agevolazioni fiscali, semplificazioni burocratiche e incentivi per le imprese che vogliono investire o ampliare la propria attività, ma i tempi di attivazione e i risultati potrebbero non essere immediati. Inoltre, con le grandi difficoltà che stanno affrontando le industrie manifatturiere, soprattutto dopo l’aumento dei costi di produzione, sarà difficile poter concorrere, dati anche i ribassi salariali, con l’Est europeo o altre aree che offrono condizioni di insediamento migliori delle nostre.

Nel 2024, questa corsa al ribasso non può essere al centro di una politica di sviluppo sostenibile. La presenza dell’Università doveva e dovrà essere il volano di iniziative per costruire nuove aziende, start-up che muovano proprio dalle facoltà del nostro Ateneo, ricche di scienza e di cultura, coinvolgendo anche la regione. Dopo lo svuotamento dell’ex agenzia di sviluppo Sipro, si attende da anni che qualcosa venga messo in moto. Alla Regione, tramite le sue politiche di sviluppo finanziate da fondi Europei, dal proprio bilancio e cofinanziate dal Comune di Ferrara bisogna chiedere questo tipo di impegno, lo stesso impegno dedicato a Bologna nel promuovere l’azione per attrarre risorse finalizzate all’apertura di nuovi centri di calcolo internazionale e del nuovo Centro Meteo. Solo attraverso percorsi innovativi che ‘sfruttino’ appieno la presenza di Unife è possibile costruire un’altra ipotesi industriale a basso impatto, ma servono una programmazione seria e attori istituzionali motivati.

Un impegno mancato, che al contrario è stato dedicato a vecchie logiche di terziario e turismo di basso profilo (mordi e fuggi) tendenti a massificare l’offerta su eventi più o meno spettacolari, che lasciano poco dal punto di vista del Valore Aggiunto e da quello occupazionale, soprattutto ai giovani (i giovani che rimangono a Ferrara dopo la Laurea sono pochissimi, perché vanno alla ricerca di migliori condizioni di lavoro, spesso al di fuori dell’Italia).

L’intreccio tra spopolamento e invecchiamento del ferrarese è sempre più forte (dati Ires CGIL).

Al 1° gennaio 2023, in Provincia di Ferrara, risultano iscritti all’anagrafe 36.571 stranieri, a fronte di 304.642 residenti con cittadinanza italiana. I cittadini non italiani sono quindi il 10,7% del totale e sono in crescita sull’anno precedente del 2,8%, pari a 1.013 unità. L’incremento maggiore si registra tra i cittadini ucraini, terzi per numerosità dopo i cittadini rumeni e marocchini.

Le istituzioni locali dovrebbero anche impegnarsi a impiegare meglio la risorsa costituita dalla manodopera straniera, cosa che finora non hanno fatto, finendo anzi spesso per muoversi in direzione opposta. Formazione e lavoro sembrano due modalità di inserimento e di integrazione poco noti a Ferrara. Anche qui serve una politica di lungo periodo che metta insieme un grande progetto di territorio (e anche di Paese, trasversale a tutti i settori produttivi) tuttora assente, creando Centri per l’Impiego (con la regia regionale), Agenzie locali Sostenute dal Comune, Centri di Formazione e scuole per la formazione al lavoro e l’apprendimento della lingua italiana.

Romeo Farinella
Professore di Urbanistica dell’Università degli Studi di Ferrara

Candidato per la lista de La Comune

IL FUTURO DELLA CHIMICA IN ITALIA: INNOVAZIONE, RICERCA E NUOVE OPPORTUNITÀ

L’industria chimica italiana si trova a un bivio. Da un lato, le sfide globali come la transizione ecologica e la digitalizzazione impongono un cambiamento radicale. Dall’altro, il potenziale per l’innovazione e la crescita è immenso.

In questo contesto, l’Italia ha tutte le carte in regola per giocare un ruolo da protagonista. Il nostro paese vanta una solida tradizione nel settore chimico, una base di ricerca di eccellenza e un tessuto industriale ricco di PMI innovative.

La chiave per il futuro è la chimica verde. Si tratta di un approccio innovativo che mira a sviluppare prodotti e processi chimici più sostenibili, efficienti e sicuri. La chimica verde offre un’ampia gamma di opportunità per l’industria italiana, in settori quali:

  • materiali biodegradabili e riciclabili;
  • chimica da biomasse, in alternativa alle fonti fossili;
  • efficienza energetica, impiego di energia da fonti rinnovabili, utilizzo di idrogeno verde;
  • sviluppo di nuovi materiali innovativi che siano più ecosostenibili e rispettosi dell’ambiente rispetto a quelli tradizionali.

Il riciclo meccanico e chimico della plastica rappresenta un’altra area di grande interesse per il futuro della chimica in Italia. Il Petrolchimico di Ferrara, in particolare, sta investendo in tecnologie innovative per il riciclo di plastiche difficili da trattare. Sarebbe importante che queste tecnologie trovassero applicazione sul territorio ferrarese, contribuendo a creare un circuito virtuoso e sostenibile delle materie plastiche.

In questo contesto, si aprono nuove opportunità lavorative per i giovani laureati e diplomati nel campo della chimica verde. Le figure professionali più ricercate sono e saranno sempre di più quelle dei Chimici, Chimici industriali, Ingegneri chimici, Biotecnologi, esperti di materiali. Per questo motivo è importante rafforzare il dialogo tra studi e ricerca universitaria da un lato e ricerca industriale dall’altro.

Il futuro della chimica in Italia è quindi un futuro di innovazione, ricerca e crescita. Un futuro che richiede il coinvolgimento di tutti gli attori del sistema: aziende, Università, Centri di ricerca e Istituzioni.

Insieme possiamo costruire un futuro più sostenibile e competitivo per l’industria chimica italiana e internazionale, di cui il Petrolchimico di Ferrara costituisce un punto di riferimento da oltre 80 anni: ci auguriamo possa continuare a svolgere tale ruolo anche negli anni a venire.

Enrico Beccarini

Ingegnere

Candidato nella lista de La Comune di Ferrara

FERRARA E IL “SUO” PETROLCHIMICO

La storia del Novecento ferrarese è indissolubilmente legata a quella dei primi insediamenti industriali nella zona Nord-Ovest, che ne hanno determinato lo sviluppo futuro e e sono stati il nucleo della trasformazione di Ferrara da città basata su un’economia agricola a realtà industriale di peso internazionale.

I prodromi del Petrolchimico di Ferrara risalgono al 1939, quando nell’area si insediò la fabbrica SAIGS, che nel 1942 avviò in Italia il primo impianto di produzione di gomma sintetica, dalla capacità di 8.000 tonnellate annue. Una curiosità: il materiale di base era l’alcool prodotto dalla distillazione del melasso di zucchero e della barbabietola, materie prime rinnovabili, anticipando di decenni quello che oggi è un trend ormai consolidato nella produzione delle cosiddette bioplastiche. Tra coloro che collaborarono a creare l’industria italiana della gomma sintetica, c’era un giovane e promettente professore di chimica, Giulio Natta, che tanto lustro diede poi al futuro Petrolchimico di Ferrara grazie alle sue invenzioni.

Dopo la seconda guerra mondiale, il Petrolchimico dovette rinascere letteralmente dalle fondamenta: la Pirelli e l’IRI, che possedevano la SAIGS, cedettero progressivamente lo stabilimento alla Montecatini, che ne divenne proprietaria al 100% nel 1954.

Va notato che quando parlano del Petrolchimico,  i ferraresi lo chiamano ancora oggi “la Montecatini”, o al massimo “la Montedison”, società ormai scomparse da decenni.

Nel 1954 iniziò l’avventura del polipropilene isotattico, meglio noto come MOPLEN: Il Prof. Giulio Natta, tra i pionieri della allora giovane scienza della chimica delle macromolecole, sviluppò una nuova categoria di catalizzatori partendo dagli studi del Prof. Ziegler, con cui aveva collaborato. Questi catalizzatori presero il nome degli inventori (Ziegler-Natta) e sono ancor oggi noti ed utilizzati in tutto il mondo per la produzione di poliolefine, la categoria di materie plastiche maggiormente rappresentata, che costituisce il 50% della produzione mondiale.

L’11 Marzo 1954 Giulio Natta scrisse sul suo taccuino “fatto il polipropilene”: una frase semplice, che ne esalta la grandezza intellettuale, per una invenzione che avrebbe rivoluzionato il mondo.

Lo studio e l’invenzione dei catalizzatori è di una tale portata scientifica che ai suoi inventori, Karl Ziegler e Giulio Natta, fu assegnato il Premio Nobel per la chimica nel 1963, l’unico conferito ad uno scienziato italiano.

Nel 1957, a soli tre anni da quell’invenzione da premio Nobel, venne avviato a Ferrara il primo impianto al mondo di produzione di polipropilene isotattico. E qui si innesta la storia del Centro Ricerche del Petrolchimico di Ferrara e delle sue scoperte e invenzioni: la Montecatini, titolare dei brevetti a livello mondiale per la produzione di polipropilene, non possedeva i mezzi finanziari per costruire impianti in tutto il mondo, perciò adottò la strategia di concedere in licenza il proprio know-how, le proprie conoscenze, e con il ricavato finanziare la ricerca e la propria espansione industriale. Così a Ferrara si instaurò un modello economico basato sulla ricerca continua, per essere sempre un passo avanti rispetto ai competitori.

Ciò che distingue profondamente il Petrolchimico di Ferrara dagli altri stabilimenti petrolchimici è la profonda interazione esistente tra ricerca di base, ricerca applicata, sviluppo di nuove tecnologie e applicazioni e produzione industriale: al Centro Ricerche “Giulio Natta” di Ferrara opera un pool di tecnici e scienziati di oltre 400 persone, altamente specializzate. L’attività di ricerca è continuata fino ai giorni nostri, dando luogo a decine di migliaia di brevetti che contribuiscono ad alimentare la ricerca stessa.

Venendo al giorno d’oggi, il tema su cui si interrogano società e cittadini è come poter gestire i problemi creati dall’enorme incremento dell’utilizzo delle materie plastiche, in particolare quelle derivanti dalle invenzioni di Giulio Natta e dei suoi allievi.

Come scrive l’Agenzia Europea per l’Ambiente (AEA), le sfide poste dalla plastica sono dovute in larga misura al fatto che i nostri sistemi di produzione e di consumo non sono sostenibili. La pandemia e i cambiamenti climatici hanno richiamato l’attenzione dell’opinione pubblica sul problema causato dai rifiuti in plastica. La strategia migliore deve chiaramente prevedere il passaggio a un’economia della plastica che sia fondamentalmente sostenibile e circolare, e a un suo utilizzo molto più responsabile, incentivando il riuso e il riciclaggio.

Nel 2018, la Commissione Europea ha presentato la prima strategia globale sulla plastica (seguita nel 2019 dalla direttiva sui prodotti di plastica monouso) in ottica di economia circolare, che delinea l’approccio dell’UE nell’affrontare le problematiche poste da tale materiale.

La relazione dell’AEA ipotizza tre percorsi per il futuro: un uso più intelligente dei materiali plastici, una maggiore circolarità e il ricorso a materie prime rinnovabili. Adottate insieme, queste strategie possono favorire un processo di utilizzo sostenibile e circolare.

Di nuovo entra in campo il ruolo della ricerca scientifica: oltre a ricorrere alla raccolta differenziata e alla macinazione dei rifiuti plastici per dare alla materia prima una seconda vita, all’interno del Centro Ricerche “Giulio Natta” di Ferrara si studia come ‘smontare’ le molecole di plastica invertendo il meccanismo di polimerizzazione per riottenere la materia prima originaria, così da creare un circolo virtuoso che non disperde nell’ambiente la preziosa risorsa di cui sono costituite le materie plastiche, ma la rigenera creando nuova plastica, sempre meno legata alle fonti fossili.

La Comune di Ferrara guarda con favore alle risorse di conoscenza, studio e ricerca presenti al Petrolchimico di Ferrara, all’interno del quale le parole d’ordine che caratterizzano il vivere quotidiano – cambiamento climatico, transizione ecologica, economia circolare – sono ormai diventate patrimonio delle società che operano al suo interno in virtù di una nuova consapevolezza, quella che i prodotti dell’economia dovranno essere sempre più legati alla sostenibilità.

Il futuro del Petrolchimico di Ferrara è sempre più inserito in un’ottica di processi circolari di lunga durata, come ad esempio il riciclo della plastica, e tutto il mondo, soprattutto l’Occidente, ha già preso quella direzione.

La Comune di Ferrara intende promuovere legami più stretti tra gli Istituti Tecnici, l’Università, le società che operano all’interno del Petrolchimico e le società che gestiscono i servizi pubblici locali del territorio per creare nuove opportunità di transizione verde legate alla nuova economia del riciclo integrale della plastica, dopo che il Petrolchimico di Ferrara è stato per decenni il centro di eccellenza a livello mondiale delle materie plastiche tradizionali.

Enrico Beccarini

Ingegnere

Candidato per la lista de La Comune di Ferrara

FERRARA CITTÀ DELLA SALUTE E DEL BENESSERE

IERI

A partire dal 1978, anno dell’istituzione del Sistema Sanitario Nazionale (SSN), fino a circa 15 anni fa, nella nostra città la salute rappresentava un valore cruciale per il benessere degli individui e della collettività. Sono stati realizzati progetti e innovazioni, a conferma del fatto che la salute è una componente fondamentale della vita di ciascuno. Poi, il declino: al posto della tutela si è aperto un orizzonte di sfiducia e precarietà.

Cosa è cambiato?

Per capirlo, partiamo dai presupposti fondanti, nei confronti dei quali l’adesione e la condivisione popolare erano fortissime.

  • L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) definisce la salute “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplice assenza di malattia.
  • In Italia, la LEGGE 23 dicembre 1978, n. 833 dichiara: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività mediante il servizio sanitario nazionale. La tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana.” I principi fondamentali su cui questa legge si basa sono universalità, uguaglianza ed equità, ovverosia l’estensione delle prestazioni sanitarie in egual misura a tutta la popolazione. I tre soggetti deputati sono lo Stato, le Regioni e gli Enti Locali. Amministrazione Comunale e Sindaco sono perciò chiamati in prima persona ad andare incontro ai bisogni dei cittadini.
  • Il diritto alla salute era già sancito dalla Costituzione. L’articolo 32 afferma: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.

Tutto era già predisposto in modo coerente. Bastava soltanto attenersi al modello di sanità pubblica, anche per quanto riguarda l’erogazione dei finanziamenti.

La fiscalità generale aveva in previsione fondi che attraverso i trasferimenti dello Stato alle Amministrazioni pubbliche hanno permesso l’attuazione dei programmi di spesa pubblica, tra i quali uno dei principali destinatari era proprio il SSN.  

Alcuni esempi

  1. Legge 405/1975, che ha istituito i Consultori familiari. Dal 1997 i consultori comprendono anche gli Spazi Giovani e dal 1998 gli Spazi Donne Immigrate e i loro figli. 
  2. Legge 309/1990 per contrastare le tossicodipendenze, curarne le conseguenze sui consumatori e prevenire il consumo di sostanze. Dal 2014 comprende tutte le dipendenze patologiche, comprese quelle ‘legali’: tabacco, alcol, patologie legate al gioco. Riguardo a questo testo di legge, rimane irrisolta l’ambiguità tra cura e controllo sociale. 
  3.  Legge 180/1978, successivamente integrata dalla legge 833 dello stesso anno. Ha imposto la chiusura dei manicomi e regolamentato il Trattamento Sanitario Obbligatorio, istituendo i servizi di Igiene Mentale pubblici (ora SPT). Questa legge quadro ha fatto dell’Italia il primo paese al mondo (e al 2019 l’unico) ad abolire gli ospedali psichiatrici. Mi piace ricordare che Ferrara è stata protagonista grazie ad Antonio Slavich, collaboratore di Basaglia, di un’importante esperienza durata dal 1971 al 1978 ma che ha dato spunti per molti anni a seguire.
  4. Decreto legislativo del 30 dicembre 1992, nº 502, istituzione dei livelli essenziali di assistenza (LEA), che indicano l’insieme di tutte le prestazioni, servizi e attività che lo Stato ritiene così importanti da non poter essere negate ai cittadini.

A livello distrettuale sono compresi (oltre ai servizi nati dalle leggi menzionate): servizi sanitari e sociosanitari, assistenza farmaceutica, specialistica e diagnostica ambulatoriale, fornitura di protesi ai disabili, servizi domiciliari agli anziani e ai malati gravi, servizi per la riabilitazione dei disabili, strutture semiresidenziali e residenziali, residenze per anziani e disabili, centri diurni, case-famiglia e comunità terapeutiche. A livello ospedaliero riguardano i servizi di pronto soccorso, ricovero ordinario, day hospital e day surgery, lungodegenza e riabilitazione.

OGGI

Dopo queste grandi rivoluzioni, che tra l’altro hanno dato vita a importanti dibattiti, le cose sono rallentate e a volte hanno persino cambiato direzione. Cosa è successo? I cittadini lamentano criticità, disservizi, latitanze in ognuna delle aree citate.

Poche settimane fa il SSN ha compiuto 45 anni. Con esso, come si diceva, è cambiata radicalmente la prospettiva per la tutela della salute, che ha permesso di ottenere eccellenti risultati, risultati che tutto il mondo continua a invidiarci.  Purtroppo, da un decennio, il centro del dibattito è occupato dal tema della sostenibilità del SSN, che vive una “crisi esistenziale” senza precedenti. I Governi che si sono alternati negli ultimi 15 anni hanno contribuito al progressivo sgretolamento del SSN svalutandone i principi fondanti e hanno eroso il diritto costituzionale alla tutela della salute, offuscando aspirazioni e prospettive della popolazione e, soprattutto, delle future generazioni. Il rilancio del SSN non rientra tra le priorità degli Esecutivi che hanno governato negli ultimi 15 anni. I principi fondanti del SSN – universalità, uguaglianza, equità – sono stati “traditi”.  Si pensi all’esperienza quotidiana delle persone, in particolare delle persone appartenenti alle fasce meno abbienti, condizionate dagli interminabili tempi di attesa, dall’affollamento dei Pronto Soccorso, dall’aumento della spesa privata che impoverisce e costringe a rinunciare alle cure, dall’impossibilità di trovare un medico o un pediatra di famiglia vicino casa, dalle inaccettabili diseguaglianze regionali e locali che spingono alla migrazione sanitaria.

Purtroppo, neppure il nostro Comune si è impegnato per impedire o limitare ristrettezze e disagi.

Per ribadire l’importanza dei concetti di salute e benessere, aggiungiamo che corrispondono al terzo obiettivo dell’Agenda 2030, che mira a garantire in tutto il mondo un medesimo standard di prevenzione, assistenza e cura, annullando l’ingiusto divario tra paesi ricchi e paesi poveri. Limitando l’orizzonte al nostro territorio Comunale forse è possibile aspirare a una maggiore determinazione per colmare il gap tra cittadini ricchi e cittadini poveri, e per rafforzare e migliorare un servizio sanitario efficace e di qualità per tutti. 

Infine, se la salute è un obiettivo cruciale e fondamentale, ciò dovrebbe comportare un dialogo tra tutti gli attori sociali, presupponendo un’attenzione costante alle relazioni e ai processi di partecipazione continuativa, lontani da finalità propagandistiche. Se si condivide la consapevolezza che i problemi sono collettivi e non dei singoli diventa indispensabile che le persone si incontrino, si sentano soggetti che contano, si sentano riconosciuti, il che aiuterebbe a superare un sistema di mera assistenza, faciliterebbe gli interventi di prevenzione, ridurrebbe i sentimenti di malcontento sia degli operatori che dei cittadini.

Giovanna Tonioli

Educatrice e Psicoterapeuta

Candidata nella lista de La Comune di Ferrar

Per una Ferrara più salutare, che promuove il benessere dei cittadini

Una delle principali proposte della nostra lista riguarda il benessere dei giovani. È essenziale fornire loro spazi sicuri e stimolanti che ne favoriscano il sano sviluppo fisico, mentale ed emotivo. Tali spazi devono essere messi a disposizione dei ragazzi stessi ovunque ne sentano il bisogno, al fine di creare aree di libertà psichica e corporea. Spesso la sinergia tra l’attuale idea di educazione e la pianificazione del territorio ha prodotto un’inutile frammentazione urbanistica. Mancano i collegamenti, ad esempio i corridoi verdi tra scuole, parchi e campi sportivi, con conseguente frammentazione dei rapporti umani. Servono luoghi la cui cifra distintiva sia “bello e sano”: va aumentato il ‘naturale’ all’interno degli spazi artificiali; le scuole devono diventare spazi duttili, in grado di adattarsi alle diverse esigenze delle età di chi le frequenta; gli edifici pubblici vanno ristrutturati in senso igienico, funzionale ed esteticamente piacevole.

Tra giovani e giovanissimi è aumentato in modo preoccupante il disagio psicologico. Anna Zonari propone di implementare nelle scuole programmi educativi mirati all’alfabetizzazione sanitaria e psicologica e alla promozione di stili di vita sani, affrontando così le sfide legate alla salute giovanile, tra cui l’aumento dei disturbi alimentari e i comportamenti a rischio, il tutto senza dimenticare che le famiglie vanno necessariamente coinvolte e supportate.

Un altro pilastro fondamentale è l’istituzione (o laddove esistano, l’implementazione) delle unità di strada, con il compito di fornire informazioni, consulenza, supporto su prevenzione e riduzione del danno, focus specifici su malattie sessualmente trasmissibili, abuso di droghe e alcol nonché sulla salute mentale, e di entrare in contatto con la marginalità, la povertà, i bisogni inespressi. L’obiettivo è quello di raggiungere le fasce più vulnerabili della popolazione e fornire loro gli strumenti necessari per prendersi cura della propria salute in modo consapevole e responsabile, intercettando i bisogni nelle zone a maggior rischio.

La nostra idea di città è quella di una “città di prossimità”, con servizi facilmente raggiungibili e distribuiti sul territorio. Non a caso, i primi incontri con la popolazione hanno avuto luogo proprio nelle frazioni e nelle zone più complesse di Ferrara, dove le persone devono regolarmente spostarsi (spesso in macchina, perché il trasporto pubblico non è sufficiente) per fruire dei servizi di cui necessitano, con conseguente isolamento dalla collettività e marginalizzazione della vita nei singoli quartieri, che nessuna politica di welfare potrà mai sostituire.

Nel nostro programma è presente un lungo elenco di interventi mirati a migliorare la qualità dell’ambiente urbano e a ridurre l’inquinamento atmosferico. Tali interventi hanno alla base un ragionamento profondo: l’obiettivo è quello di ridurre le emissioni inquinanti, favorire il rispetto dell’ecosistema e di conseguenza migliorare la salute respiratoria dei residenti, con benefici a lungo termine sulle condizioni generali della comunità, incluse molte delle patologie croniche più diffuse (diabete mellito, tumori, asma, disturbi mentali).

Investire nel benessere degli anziani è un’altra delle nostre priorità. Ci proponiamo di istituire, oltre al già esistente numero verde, una task force dedicata al monitoraggio delle condizioni di salute degli anziani che si rechi anche a domicilio in caso di isolamento sociale, con particolare attenzione alle ondate di calore estive, al fine di prevenire il rischio di gravi problemi legati alle temperature elevate. Promuoviamo l’invecchiamento attivo e la prevenzione delle malattie croniche attraverso programmi di sostegno e assistenza dedicati, rivolgendo particolare attenzione a tutte quelle agenzie locali (cooperative, associazioni, enti…) che già svolgono un ruolo fondamentale in tal senso, fornendo servizi o grazie al volontariato.

L’approccio a una Ferrara più sana non sarà caratterizzato da meri investimenti a pioggia, ma da un ruolo attivo della Sindaca, della Giunta e del Consiglio Comunale nell’ascolto dei bisogni dei cittadini, nella flessibilità delle risposte e nella co-progettazione attiva con gli stakeholders già presenti sul territorio.

In conclusione, teniamo a sottolineare che investire nella salute e nel benessere dei cittadini di Ferrara non solo migliora la qualità della vita individuale, ma contribuisce anche a creare una comunità più forte e più equa.

Marta Leoni
Psichiatra e portavoce di Possibile
Candidata nella lista de La Comune di Ferrara