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La Comune di Ferrara | Femminile, Plurale, Partecipata

Autore: admi2

PER UNA POLITICA DEI RIFIUTI EFFICACE, DALLA PARTE DELL’AMBIENTE E DEI CITTADINI

La gestione dei rifiuti urbani a Ferrara è un tema che richiede particolare attenzione, non solo perché fondamentale per la salvaguardia dell’ambiente e della salute dei cittadini, ma anche perché è un tratto emblematico dell’idea di città che si vuole progettare, considerando i beni comuni come punti fondanti della stessa.
 
1. Va sfatata la narrazione secondo la quale il Comune di Ferrara si collocherebbe ai primi posti in Italia per i buoni risultati ottenuti. Viene considerata fondamentale la percentuale di raccolta differenziata, che in effetti nel 2021 ha visto Ferrara, con l’87,3%, al primo posto tra i Comuni capoluoghi di Provincia nella regione Emilia-Romagna e tra i primi in Italia. In realtà, l’indicatore maggiormente significativo per l’economia circolare è quello della minimizzazione dei rifiuti non riciclati, ossia la quota minima di rifiuti da inviare allo smaltimento e quella massima del loro recupero e riutilizzo. Questo indicatore è molto più affidabile rispetto a quello della raccolta differenziata, che non tiene conto della produzione complessiva di rifiuti e della qualità della differenziata stessa. In quest’ottica, il Comune di Ferrara si colloca solo al quinto posto per la quantità di kg/equivalenti non riciclati, pari a 159 su base annua. Meglio di Ferrara fanno, nell’ordine, Forlì, Parma, Reggio Emilia e Rimini, che registrano rispettivamente 97, 107, 118 e 150 kg/equivalenti di rifiuti non riciclati. Nel determinare la quantità di rifiuti non riciclati incidono la quantità complessiva di rifiuti urbani prodotti e lo scarto della raccolta differenziata, che viene comunque avviato a smaltimento per la sua scarsa qualità. Per quanto riguarda la produzione di rifiuti, il Comune di Ferrara si colloca al quarto posto tra i Comuni capoluogo di Provincia in Emilia-Romagna, con 612 kg/abitante, appena poco al di sotto della media regionale, mentre peggiore è la situazione relativa agli scarti della raccolta differenziata, che sono ben il 34,9% del totale. Soltanto il Comune di Modena ha fatto peggio. In conclusione non c’è motivo per sostenere che Ferrara ottiene buoni risultati nella politica dei rifiuti. Questi dati annullano di fatto il tanto sbandierato primato della più alta percentuale di raccolta differenziata in regione e tra le prime in Italia. A ciò si aggiunge una situazione tariffaria certamente non positiva per i cittadini ferraresi. Purtroppo – e questo è certamente un problema di non poco conto – la trasparenza dei dati su cui poter basare analisi precise è molto scarsa. Siamo costretti ad affidarci a quanto dichiarato pubblicamente dall’assessore Balboni, ossia che nel 2021 il costo complessivo per una famiglia media relativo alle tariffe rifiuti domestiche si è aggirato attorno ai 300€/anno rispetto alla media regionale, che è di circa 274€/anno. 
 
2. Numerosi studi ed elaborazioni hanno accertato che i risultati migliori dal punto di vista delle politiche dei rifiuti secondo i principi individuati dall’Unione Europea e dalla normativa italiana (quelli delle famose 4R – riduzione, riuso, riciclaggio e recupero, che fissano la gerarchia nella gestione dei rifiuti) si realizzano dove è applicata la tariffa puntuale (ossia quella basata sulla prevalenza dei rifiuti effettivamente prodotti), dove il modello organizzativo è basato sul sistema di raccolta porta a porta e dove la gestione è affidata a un’azienda pubblica. Queste conclusioni emergono anche dallo studio elaborato dalla Rete Giustizia Climatica di Ferrara, che ha esaminato le 307 gestioni del servizio dei rifiuti urbani nella regione Emilia-Romagna, ragionando in modo preciso sulla possibilità della ripubblicizzazione del servizio a Ferrara. Per quanto riguarda il Comune di Ferrara, vige l’applicazione della tariffa puntuale – anche se si potrebbe discutere a lungo sul come viene definita – ma il sistema di raccolta è basato sulle cosiddette “calotte”, mentre la gestione del servizio, sia pure in proroga, è affidata a Hera S.p.A., grande azienda multiutility quotata in Borsa. 
 
3. La ripubblicizzazione del servizio rifiuti urbani a Ferrara è una questione aperta ormai da lungo tempo, precisamente dalla fine del 2017, quando è scaduta la concessione del servizio a Hera S.p.A.. Nel corso del 2018, le Associazioni “Ferraraincomune” e “Comitato Mi rifiuto” hanno raccolto circa mille firme in favore di una proposta per una delibera di iniziativa popolare comunale, chiedendo di approntare uno studio di fattibilità per la ripubblicizzazione del servizio e la costituzione di un Tavolo partecipativo per discutere il percorso. In data 22 ottobre 2018 il Consiglio Comunale ha votato una delibera che si discosta non poco dalle richieste contenute nella delibera di iniziativa popolare, ma comunque ha approvato la costituzione del Tavolo partecipativo. Il Tavolo è partito nel 2019, sotto la precedente Amministrazione, e i lavori sono proseguiti nel 2020 e nel 2021, in modo tuttavia poco produttivo. Dopo svariati confronti, nella primavera del 2022 l’assessore Balboni ha annunciato la decisione di procedere con lo studio di fattibilità, affidandolo all’Università di Ferrara. Tale studio, completato alla fine del 2022, è viziato da un’impostazione prettamente economica, che prende in considerazione esclusivamente l’analisi dei costi per il passaggio al sistema di raccolta porta a porta e alla ripubblicizzazione della gestione, senza mettere in relazione queste opzioni (e i loro relativi costi) con gli obiettivi concretamente realizzabili per un’efficace politica dei rifiuti. La stima, peraltro plausibile, delle risorse necessarie per la costituzione e l’avvio di una nuova azienda pubblica ‘in house’ che gestisca il servizio rifiuti nel Comune di Ferrara, è quantificata in un importo variabile tra i 4,4 e 5,2 milioni di euro. Tali risorse sono nelle disponibilità economico/finanziarie del bilancio consolidato del Comune di Ferrara. In particolare, si possono individuare almeno due strade per compiere tale operazione. 
La prima è quella di seguire l’esperienza che ha portato alla creazione di Alea Ambiente S.p.A. nel giugno 2017, azienda a capitale totalmente pubblico che serve il Comune di Forlì e altri dodici Comuni di quell’area. Essa si è costituita tramite l’intervento di Livia Tellius Romagna Holding S.p.A. in qualità di socio unico, con un capitale sociale di 2.000.000 di euro, portato progressivamente a 6.000.000 dalla stessa Livia Tellius Romagna Holding S.p.A., holding che riunisce i Comuni appartenenti all’Unione dei Comuni della Romagna forlivese. Il suo ruolo è sostanzialmente equiparabile a quello svolto da Ferrara Tua S.p.A., dopo che ha incorporato tramite fusione inversa Holding Ferrara Servizi S.r.l. 
Venendo al bilancio consuntivo di Ferrara Tua del 2022, si può notare come essa vanti un significativo patrimonio netto di 105.776.904 euro: 85.117.400 di capitale sociale e 13.283.824 di riserve di varia natura. Restano disponibili 5.893.284 di euro (oltre ai considerevoli di utili registrati nel 2022, pari a 5.654.911 di euro). Da qui è assolutamente possibile attingere le risorse per dare vita ad una nuova azienda pubblica di gestione dei rifiuti urbani sul territorio Comunale, facente capo a Ferrara Tua S.p.A.
La seconda ipotesi è riferita all’operazione di vendita, anche parziale, delle azioni di Hera S.p.A. detenute dal Comune di Ferrara e da Ferrara Tua S.p.A. per finanziare la ripubblicizzazione. È possibile utilizzare le azioni cosiddette “’ibere’ (cioè quelle che il Comune e Ferrara Tua S.p.A. possono vendere) che oggi ammontano a circa 6.000.000. Queste azioni ‘libere’, se messe in vendita (corso azionario al 2/4/2024 pari a 3,21 euro, con una variazione nei primi quattro mesi dell’anno dai 2,87 euro ai 3,34 euro) potrebbero fornire un introito non inferiore a circa 20 milioni di euro. Anche una piccola parte di tale introito potrebbe agevolmente finanziare la ripubblicizzazione del servizio rifiuti. Questa seconda strada è sempre stata considerata dai movimenti per i Beni Comuni non del tutto opportuna, perché orientata a indebolire la quota pubblica di Hera S.p.A. Ma lo scrupolo oggi ha sempre meno ragion d’essere, in particolare da quando la proprietà pubblica di tutti i Comuni soci è scesa sotto il 50%: dal 20 settembre 2022, infatti, la quota complessiva dei 111 Comuni soci di Hera arriva al 45,8%, mentre la percentuale flottante di quote azionarie private si attesta al 54,2%. 
 
 
4. Collegato alla ripubblicizzazione è il passaggio alla raccolta porta a porta, che, come già detto, contribuisce in modo significativo all’innalzamento della qualità della raccolta, diminuendo gli scarti. Non a caso si trova al primo posto nella graduatoria di efficienza dei sistemi di raccolta, seguita dalla raccolta mista (porta a porta + raccolta stradale) e dalla raccolta stradale, effettuata tramite ‘calotte’ o cassonetti. Ovviamente, instaurare il sistema porta a porta richiede la preventiva messa a punto di un adeguato piano organizzativo da discutere con la cittadinanza insieme alle finalità cui si ispira. 
 
5. Infine, occorre intervenire sulla pratica di incenerimento dei rifiuti. In prospettiva, come illustra la proposta di Legge Regionale di iniziativa popolare in materia di rifiuti presentata da RECA (Rete per l’Emergenza Climatica e Ambientale ER) e da Legambiente regionale, si tratta di mettere a punto una strategia di uscita completa dall’incenerimento. Già oggi, però, guardando alla situazione ferrarese e a maggior ragione dopo il vulnus del 2022, che ha aumentato la capacità produttiva dell’inceneritore (passando da 130.000 a 142.000 tonn./anno), è possibile arrivare alla chiusura immediata di una delle due linee dell’inceneritore, visto che al momento brucia più rifiuti speciali che rifiuti urbani: su circa 146.000 tonn./anno, circa 85.000 si riferiscono a rifiuti speciali e 61.000 ai rifiuti urbani del Comune di Ferrara, con una distribuzione percentuale rispettivamente del 58% e del 42%, mentre nel 2017 erano del 35% e del 65%. Anche per quanto riguarda la provenienza dei rifiuti, nel corso del tempo è aumentato il trattamento di quelli provenienti da fuori regione, che nel 2023 sono arrivati al 26% del totale. Insomma, ce n’è quanto basta per arrivare a dimezzare l’attuale impianto.

PER LA RIPUBBLICIZZAZIONE DEL SERVIZIO IDRICO A FERRARA: RISPETTARE IL REFERENDUM, DIFENDERE I BENI COMUNI

1. Il tema della ripubblicizzazione del servizio idrico torna a essere attuale anche a Ferrara. Infatti, sulla base di un provvedimento regionale del 2021, peraltro di assai dubbia legittimità costituzionale, tutte le scadenze delle concessioni del servizio idrico integrato sono state prorogate alla fine del 2027. A quell’epoca, dunque, anche le attuali concessioni per la provincia di Ferrara andranno in scadenza. Per quanto riguarda il servizio idrico integrato, il nostro territorio è servito da Hera nei Comuni di Ferrara, Argenta, Bondeno, Cento, Masi Torello, Mirabello, Poggio Renatico, Portomaggiore, Sant’Agostino, Terre del Reno, Vigarano e Voghiera, mentre CADF opera nei Comuni di Codigoro, Comacchio, Copparo, Fiscaglia, Goro, Jolanda di Savoia, Lagosanto, Mesola, Ostellato, Riva del Po e Tresignana. Hera SpA è una grande multiutility quotata in Borsa, con una suddivisione societaria per il 45,8% pubblica e per il 54,2% privata. Serve una popolazione di circa 250.000 abitanti, mentre CADF è una SpA a capitale totalmente pubblico, di proprietà dei Comuni in cui gestisce il servizio idrico e serve una popolazione di circa 100.000 abitanti in provincia di Ferrara (che diventano circa 200.000 nel periodo estivo).

2. Alla fine del 2027 il servizio idrico integrato in tutta la provincia di Ferrara potrà essere di nuovo reso pubblico. Questo risponde innanzitutto all’imprescindibile esigenza democratica di rispettare l’esito referendario del 2011, quando la maggioranza assoluta dei cittadini italiani si espresse per la ripubblicizzazione dell’acqua. Laddove il servizio è stato privatizzato sono cresciute le tariffe e diminuiti investimenti e occupazione. Soprattutto si è perso di vista il significato di bene comune, nonché le finalità di un servizio pubblico fondamentale come quello idrico: praticare politiche volte al risparmio e alla preservazione della risorsa acqua, e rispondere alle esigenze della collettività. Queste finalità sono state sostituite da un imperativo: massimizzare profitti e dividendi da distribuire ai soci. Nel periodo 2010-2019, in termini cumulativi e per tutti i servizi forniti, Hera SpA ha realizzato più di 2 miliardi di euro e distribuito dividendi per circa 1,3 miliardi. di euro.

3. L’ipotesi che avanziamo è quella di costituire una nuova CADF, alla quale affidare direttamente la gestione del servizio idrico per tutto il territorio provinciale. Peraltro, la scelta del gestore unico è obbligata dalle modifiche legislative introdotte nel 2014: si tratta di decidere se mettere a gara per la gestione del servizio l’intero territorio provinciale, o se costituire una società mista pubblico-privata o a capitale totalmente pubblico cui affidare il servizio. Il costo, o meglio l’investimento necessario per dare vita alla nuova CADF, sarebbe decisamente abbordabile: oltre all’innalzamento del capitale sociale della nuova azienda (che può essere decisamente limitato), vanno riconosciuti al gestore uscente – quindi ad Hera SpA per quanto riguarda i Comuni serviti – i costi sostenuti per gli investimenti realizzati ma non ancora completamente ammortizzati. Una cifra che può sembrare consistente: tenendo però conto del fatto che gli ammortamenti futuri (dunque anche quelli da restituire ad Hera) verranno coperti dagli introiti delle tariffe riscosse, sarà limitata al costo dell’anticipo acquisito, con la dovuta asseverazione, da un istituto di credito. Quest’ultima voce di costo potrebbe essere azzerata, o perlomeno fortemente ridotta, se la Regione approvasse la proposta di legge di iniziativa popolare promossa dalla Rete per l’Emergenza Climatica e Ambientale dell’Emilia-Romagna (RECA) e da Legambiente regionale, sottoscritta da più di settemila cittadini e attualmente all’esame dell’Assemblea Legislativa regionale, proposta che prevede la copertura dei costi degli interessi a fronte dell’affidamento della gestione idrica a una SpA a capitale totalmente pubblico (in house) per poter affrontare il subentro al momento della scadenza della concessione.

4. Risulta evidente che la ripubblicizzazione è un processo complesso, non affrontabile in termini di slogan, soprattutto se lo si vuole gestire, com’è giusto che sia, attraverso una modalità partecipata, che coinvolga i lavoratori che producono il servizio, gli utenti e le organizzazioni/realtà sociali che li rappresentano. Il tema della gestione partecipata è fondante per la costituzione della nuova azienda pubblica. Si potrebbe prendere come riferimento l’esperienza condotta a Reggio Emilia tra il 2012 e il 2014, in cui si diede vita a un tavolo partecipato con Provincia, sindaci e realtà economiche e sociali del territorio, compreso il Comitato locale per l’acqua pubblica. Il primo impegno preso da quel Tavolo è stato quello di realizzare un piano industriale economico e finanziario su cui basare la scelta della ripubblicizzazione. Il processo è stato poi bloccato con un provvedimento ‘scandaloso’ inserito nella legge Finanziaria per il 2015, ma quello schema è ancora più che valido. Il modello del tavolo partecipato potrebbe essere riproposto sul territorio ferrarese già a partire dalla prossima legislatura, con la consapevolezza che soltanto una volontà politica determinata e la partecipazione attiva di cittadinanza e società potrà portarci al risultato prefissato.