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La Comune di Ferrara | Femminile, Plurale, Partecipata

Autore: Rodolfo Baraldini

Code in Questura, bocciata la mozione di Zonari

Per la maggioranza la raccolta dei dati è insufficiente. Segala (Pd): “Condanniamo Ferrara alla criminalità organizzata”

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Troppa burocrazia secondo Francesco Rendine nella mozione, respinta dalla maggioranza, presentata da Anna Zonari in Consiglio comunale. Un monitoraggio periodico sui tempi di rilascio dei permessi di soggiorno presso la Questura di Ferrara e un tavolo di analisi con il Consiglio territoriale per l’immigrazione, la Prefettura, le associazioni del terzo settore e i sindacati sarebbero, secondo il consigliere della Civica Fabbri, “misure insufficienti” ad evitare lunghe code in corso Ercole I d’Este, come quelle di soli pochi giorni fa.

Sempre il consigliere Rendine accusa la minoranza di “partire lungo certe tangenti individuali” per attaccare l’Amministrazione, ma fa notare Arianna Poli (Civica Anselmo) che “su questioni di dignità umana non si tratta di fazioni politiche” e, anzi, ritiene “incredibile che non ci sia unanimità” su questo tema.

“Il voto negativo non è alla minoranza – ribatte Zonari -, ma alle centinaia di persone disperate che lavorano regolarmente e che rischiano di non avere più accesso alle cure sanitarie né a un’abitazione”. La consigliera de La Comune si riferisce al Decreto Cutro, che ha reso quasi impossibile la conversione dei permessi di soggiorno per protezione speciali in permessi di lavoro mettendo a rischio migliaia di persone regolari nel nostro territorio.

“Questo è un problema anche per i settori in cui sono impegnate queste persone – incalza Zonari -. Significa anche perdere competenze per le aziende, agricole o artigianali. A tutto ciò si aggiungono i ritardi di oltre un anno per il rinnovo dei permessi di soggiorno, senza i quali si perde tutta una serie di diritti, a partire dalla salute, dalla casa e dal lavoro”.

Anche Enrico Segala (Pd) conviene con la consigliera che sia necessario fare pressioni per ottenere maggiore controllo e monitoraggio. “Il problema è di irregolarità sul nostro territorio – afferma –. Nel 2023 lo Stato italiano e i prefetti hanno disposto 25mila espulsioni, ma di queste sono state accompagnate nel loro paese d’origine solo 1300 persone. Se aggiungiamo le disposizioni del Decreto Cutro, condanniamo Ferrara a forme di criminalità organizzata”.

“Che ne dica il sindaco, io non ho mai negato la presenza di organizzazioni criminali straniere nella nostra città – continua Segala –, ma, per evitare che queste persone diventino prede di mercato nero o caporalato, la politica deve lavorare sui tempi lunghissimi della Questura di Ferrara, imbarazzanti rispetto a quelli di Milano”.

Rischio idraulico, Zonari: E’ stato aggiornato il Piano comunale di emergenza?”

La consigliera ha chiesto “quante risorse sono state spese per la manutenzione delle infrastrutture”

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agli eventuali aggiornamenti relativi al Piano comunale di emergenza all’entità delle risorse destinate alle spese per la manutenzione delle infrastrutture, senza tralasciare la collaborazione con i Consorzi di bonifica. Sono diverse le domande poste dal Gruppo consiliare La Comune all’Amministrazione in materia di rischio idraulico.

La consigliera Anna Zonari ha infatti presentato un’interrogazione sul tema premettendo che “il nostro territorio, in particolare Ferrara, è tra i più vulnerabili al rischio idraulico, come dimostrato dagli eventi meteorologici degli ultimi anni. Gli studi sul clima dimostrano che il bacino del Po è particolarmente esposto al rischio di esondazione a causa della mutazione climatica (che non ci stancheremo mai di ricordare che è causata dal sistema di produzione e consumo umano), che aumenta la frequenza e l’intensità di eventi meteorologici estremi come piogge torrenziali e siccità”.

Da qui alla considerazione che “la siccità rende il terreno più impermeabile, aumentando il rischio di alluvioni durante le piogge successive. L’aumento di piogge intense e concentrate in brevi periodi sovraccarica il sistema fluviale, sia causando piene improvvise, che possono superare la capacità degli argini e delle infrastrutture idrauliche, sia a causa dell’incapacità delle reti di scolo e fognarie di gestire le forti piogge. Anche l’urbanizzazione e la conversione agricola delle aree di espansione naturale del fiume riducono la capacità di assorbimento durante le piene, aumentando il rischio di esondazioni”.

Attraverso l’interrogazione, il Gruppo consiliare La Comune ha chiesto se “è stato aggiornato il Piano comunale di emergenza per includere il rischio di esondazione del Po”, quanti “aggiornamenti sono stati fatti alle mappe di rischio negli ultimi cinque anni”, se “il Piano intercomunale di Protezione civile è allineato alle più recenti indicazioni del Piano di gestione del rischio alluvioni”, e se “ci sono discrepanze da superare”.

L’esponente di opposizione ha inoltre chiesto quante “risorse sono state spese per la manutenzione delle infrastrutture idrauliche negli ultimi due anni”, se “il Comune collabora con i Consorzi di bonifica per la manutenzione costante”, quali  “risorse sono disponibili per il Centro operativo comunale in caso di esondazione”, se “esistono protocolli chiari per comunicare con i cittadini in caso di emergenza”, se “sono state organizzate campagne di informazione e simulazioni per i cittadini”, e come “vengono coinvolti i cittadini nella pianificazione delle misure di emergenza”.

Zonari ha concluso, chiedendo se “il Comune ha partecipato a bandi per finanziare interventi di mitigazione del rischio”, se “esiste un piano di emergenza ospedaliero aggiornato per la protezione delle infrastrutture e il trasferimento dei pazienti”, e se “sono state identificate aree sicure negli ospedali e predisposte procedure per la classificazione dei pazienti”.

Progetto per il reinserimento dei detenuti, Zonari chiede se sono stati convocati gli incontri

La consigliera di opposizione: “E’ stato formalmente invitato il Comitato locale esecuzione penale adulti?”

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Un’interrogazione sulla programmazione di zona relativa al progetto ‘Territori per il reinserimento Emilia-Romagna’. A rivolgere le domande all’Amministrazione in relazione al progetto è la consigliera comunale di opposizione Anna Zonari.

La presidente del Gruppo La Comune ha ricordato che “la programmazione di zona è un passaggio cruciale per l’efficace attuazione del progetto”, in quanto “consente di adattare gli interventi alle specifiche esigenze del territorio”, e che “la partecipazione di diversi soggetti del territorio è essenziale per garantire un approccio integrato”.

Da qui a una serie di domande all’Amministrazione comunale per sapere se “sono stati convocati degli incontri sul progetto ‘Territori per il reinserimento Emilia-Romagna’ nell’ambito della programmazione dei Piani di zona, al fine di coinvolgere gli enti di terzo settore, in particolare quelli già attivi in progetti con la popolazione detenuta o dimittente”, e “se sì, in quali date”.

La consigliera comunale ha inoltre chiesto: “Quali sono stati i soggetti del territorio formalmente invitati a partecipare alla fase di programmazione di zona? In particolare, è stato formalmente invitato il Comitato locale esecuzione penale adulti? E i rappresentanti del Terzo settore, del volontariato, delle associazioni datoriali, dei servizi sanitari e altri soggetti rilevanti? Se sì, quali?”.

Gli ulteriori quesiti hanno riguardato i criteri che “sono stati utilizzati per la ripartizione dei fondi tra le diverse aree di intervento a livello locale, in conformità con quanto stabilito dalla Regione per le aree 1, 2, 3 e 4”, e le misure che “sono state adottate per garantire la trasparenza e la diffusione delle informazioni relative alla programmazione di zona e all’attuazione del progetto Tpr-ER nel nostro territorio”.

Infine, Zonari ha chiesto se “sono state previste azioni specifiche per i dimittendi dal carcere, e se sono state valutate le segnalazioni dell’equipe della casa circondariale in merito ai percorsi di uscita”, e “se esistono verbali delle riunioni mensili svolte dall’equipe composta da Comune, Asp, Ausl, Uepe, Uffici esecuzione penale e Centro servizi volontariato e quanti sono i progetti di inclusione realizzati negli ultimi 5 anni”.

Pfas nelle acque, Zonari (La Comune): “Quante analisi sono state fatte nel periodo 2020-2024?”

La consigliera ha interpellato l’Amministrazione per conoscere numero dei campioni e risultati dettagliati

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La presenza di sostanze perfluoroalchiliche nelle acque potabili del Comune di Ferrara è al centro di un’interpellanza presentata dalla consigliera di opposizione Anna Zonari. La presidente del Gruppo La Comune, infatti, premettendo che “Greenpeace ha recentemente divulgato i risultati di una campagna di analisi sulla presenza di Pfas nelle acque potabili di 235 Comuni italiani, inclusa Ferrara”, si è rivolta all’Amministrazione con una serie di domande.

Quesiti, accompagnati dalla considerazione che “i risultati delle analisi indicano che Ferrara è il secondo Comune in Italia per presenza di acido trifluoroacetico (Tfa) con 375,5 nanogrammi per litro, e l’ottavo per la ‘somma di Pfas’ con 43,3 ng/l1, sesto posto in regione per valori massimi di Pfoa (3,6 ng/l) e al quinto per valori massimi di Pfos (2 ng/l), sostanze ritenute preoccupanti per la salute”, che “la direttiva europea 2020/2184 prevede un valore limite di 100 ng/l per la ‘somma di Pfas’ ritenuti preoccupanti nelle acque destinate al consumo umano”, e che “Hera, gestore del servizio idrico nel Comune di Ferrara, ha dichiarato di eseguire monitoraggi sui Pfas, nonostante l&’applicazione dei limiti sia prevista solo dal 2026”.

Da qui alle domande al sindaco per sapere “quante analisi sono state effettuate da Hera nel periodo 2020-2024, specificando il numero di campioni prelevati nell’impianto di potabilizzazione di Pontelagoscuro e in altri punti di campionamento nel territorio comunale, nonché i valori specifici riscontrati per la ‘somma di Pfas’, Pfoa e Pfos”, e se “il Comune intende richiedere la pubblicazione dei risultati dettagliati delle analisi condotte da Hera per garantire trasparenza e informazione ai cittadini altamente preoccupati e confusi dalle notizie apparse sulla stampa”.

Zonari ha inoltre chiesto se “il Comune intende avviare un piano di monitoraggio periodico (mensile) dei Pfas, compreso il Tfa, nelle acque destinate alla produzione di acqua potabile e nelle acque destinate al consumo umano, e quali azioni intende intraprendere nel caso si riscontrassero concentrazioni superiori ai limiti di legge o, comunque, superiori ai parametri considerati a tutela della salute”, e se “intende farsi promotore di un progetto sperimentale, in collaborazione con Hera e l’Università di Ferrara, per approfondire le conoscenze e l’efficacia dei sistemi di trattamento delle acque rispetto al Tfa14”.

L’ultimo quesito riguarda “quali misure concrete intende adottare il Comune per tutelare la salute dei cittadini di fronte alla contaminazione da Pfas, anche in considerazione degli studi che dimostrano i legami tra esposizione a Pfas e problemi di salute”.

 

Mobilità sostenibile a Ferrara: obiettivi ambiziosi, risultati incerti

Tra promesse e realtà, l’interrogazione di Anna Zonari (La Comune) mette in luce criticità e ritardi nell’attuazione del piano

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Nel dicembre 2019, il Consiglio Comunale di Ferrara ha approvato il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (Pums), uno strumento strategico per migliorare la mobilità urbana, la qualità dell’aria e la sicurezza stradale. Il piano prevede obiettivi ambiziosi da raggiungere entro il 2030, tra cui una riduzione del 50% dell’incidentalità stradale, con particolare attenzione alle categorie vulnerabili come pedoni, ciclisti, bambini e anziani. Il Pums include interventi concreti, come la creazione di zone 30, la messa in sicurezza degli attraversamenti pedonali, la riqualificazione dei percorsi pedonali e ciclabili, e l’adozione di una “Visione Zero Morti” nel lungo periodo.

Nonostante le premesse, a cinque anni dall’approvazione del piano, sorgono interrogativi sullo stato di attuazione degli interventi e sul monitoraggio dei risultati. La presidente del Gruppo Consiliare La Comune di Ferrara, Anna Zonari, ha presentato un’interrogazione al sindaco e alla Giunta per ottenere chiarimenti in merito. Tra le domande principali figurano lo stato di avanzamento delle azioni previste, la frequenza e i risultati dei monitoraggi obbligatori, e le misure adottate per ridurre l’incidentalità stradale.

Un tema centrale dell’interrogazione riguarda i cosiddetti “punti neri” della rete stradale comunale, ovvero le aree con una maggiore incidenza di incidenti. Si chiede quali interventi siano stati programmati o realizzati per migliorare la sicurezza in queste zone e quali strumenti siano stati utilizzati per identificare le criticità. Inoltre, viene chiesto se sia stata garantita la partecipazione attiva dei cittadini e delle associazioni di categoria nel processo di monitoraggio e attuazione degli interventi.

L’interrogazione pone anche l’accento sull’inclusione e sull’accessibilità, chiedendo se sia stato istituito il Disability Manager, figura prevista dal Pums per garantire il diritto alla mobilità delle persone con disabilità. La consigliera Zonari richiede dettagli sulle azioni intraprese da questa figura per promuovere un sistema di trasporti equo e sicuro.

Un ulteriore punto critico riguarda la trasparenza nell’utilizzo dei fondi destinati al Pums. Quanti dei finanziamenti stimati sono stati effettivamente spesi e come? Questa domanda si collega alla necessità di verificare se le risorse siano state impiegate in modo efficace per raggiungere gli obiettivi prefissati.

L’interrogazione sollecita infine una visione chiara su come l’amministrazione intenda procedere per garantire il raggiungimento degli obiettivi del Pums nel breve, medio e lungo termine. La sicurezza stradale e la mobilità sostenibile sono temi centrali per la qualità della vita dei cittadini di Ferrara, e la risposta del sindaco e della Giunta sarà determinante per valutare l’impegno dell’amministrazione su questi fronti.

Stato di attuazione del Pums, Zonari (La Comune) interroga l’Amministrazione

La consigliera di opposizione ha posto l’accento su tempi e indicatori di sicurezza stradale

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Il Piano urbano di mobilità sostenibile è al centro di una serie di domande che la consigliera comunale Anna Zonari ha rivolto all’Amministrazione. Interrogativi relativi all’approvazione del documento in Giunta, a partire dallo stato di attuazione fino al monitoraggio degli obiettivi sulla sicurezza stradale.

La presidente de La Comune ha infatti presentato un’interrogazione per sapere dal sindaco e dalla Giunta “qual è lo stato di attuazione del Pums a cinque anni dalla sua approvazione, con particolare riferimento agli interventi previsti per la sicurezza stradale”, se “sono stati effettuati i monitoraggi periodici previsti”, e “se sì, con quali strumenti di rilevazione”, e “con quale frequenza e quali sono i risultati principali relativi agli indicatori di sicurezza stradale”. Fra gli esempi citati, il numero e la “geolocalizzazione di incidenti, feriti e decessi, in particolare per le utenze vulnerabili”.

Inoltre, Zonari ha chiesto “quali azioni concrete sono state intraprese per raggiungere l’obiettivo di riduzione del 50% dell’incidentalità entro il 2030, con particolare attenzione a pedoni, ciclisti, bambini e anziani”,e  “quali sono i punti critici (punti neri) identificati nella rete stradale comunale e quali interventi sono stati programmati o realizzati per renderli più sicuri”.

Spazio, quindi, a domande per sapere “come viene garantita la partecipazione dei cittadini e delle associazioni di categoria nel processo di monitoraggio e attuazione degli interventi relativi alla sicurezza stradale”, se “è stato istituito il disability manager”, e “se sì, quali azioni ha intrapreso per garantire il diritto alla mobilità delle persone con disabilità”.

Infine, la consigliera comunale ha chiesto “come si intende procedere per raggiungere gli obiettivi del Pums nel breve, medio e lungo termine, con particolare attenzione alla sicurezza stradale e alla mobilità sostenibile”, e “quanti fondi, tra quelli stimati per tutte le azioni del Pums, sono stati effettivamente spesi e come”.

 

Zonari: “Cosa fa il comune per le persone senza fissa dimora?”

La consigliera interpella sindaco e giunta su queste “donne e uomini estremamente vulnerabili che non scelgono di vivere secondo questa modalità”

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Il freddo si fa sentire e come ogni anno diverse sono le persone che dormono all’aperto nel territorio comunale e non solo nel centro cittadino. “Nella quasi totalità dei casi si tratta di donne e uomini estremamente vulnerabili che non scelgono di vivere secondo questa modalità”. Così La Comune di Ferrara, per voce della consigliera Anna Zonari, si fa sentire attraverso un’interpellanza con la quale cerca di mettere in chiaro sette aspetti.

“Il Comune – chiede Zonari -, in collaborazione con i servizi pubblici e privati sopracitati, possiede un osservatorio sul numero effettivo delle persone senza fissa dimora che dormono lungo le strade del territorio? In collaborazione con i servizi pubblici e privati sopracitati, monitora i bisogni di queste persone e il loro soddisfacimento e se sì come?”

La consigliera chiede dunque “qual è l’effettiva distribuzione dei ‘quasi cento posti‘ dichiarati e come sono suddivisi tra uomini e donne? L’accoglienza presso queste strutture è garantita anche a chi possiede un animale d’affezione? Quali sono gli orari e le modalità di attivazione del Pris (Pronto intervento sociale)?”

“A quante persone – prosegue – che vivono in strada è stata concessa l’iscrizione all’anagrafe per poter accedere al medico di base e curarsi?”

Infine chiede al Comune se, “nell’ottica della co-programmazione e co-progettazione, intende istituire un tavolo sulla povertà aperto alle realtà del terzo settore impegnate nel contrasto alle povertà e alla marginalità?”

“La situazione di queste persone – fa notare Zonari – è spesso complessa, con fattori di fragilità che si sovrappongono e non si possono identificare con una singola causa. Non sono consapevoli dei loro diritti e non dispongono di strumenti per renderli esigibili, rischiando di essere percepite come cittadini di ‘serie B’, in opposizione al principio costituzionale di uguaglianza sostanziale.

“Difficilmente – conclude – richiedono aiuto ai servizi sociali in autonomia, ma è compito del sistema integrato socio-sanitario trovare modalità rispettose e dignitose per rispondere ai loro bisogni”.

La risposta dell’assessora Cristina Coletti

La consigliera di opposizione ha proposto un tavolo sulla povertà aperto alle realtà del Terzo settore

La consigliera di opposizione ha proposto un tavolo sulla povertà aperto alle realtà del Terzo settore

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Le vulnerabilità e i diritti, in senso stretto, delle persone senza fissa dimora sul territorio sono al centro di un’interpellanza della consigliera comunale di opposizione Anna Zonari.

La presidente del Gruppo consiliare La Comune, infatti, ha ricordato che “a novembre 2024 il Parlamento italiano ha approvato una legge perché venga concessa la residenza anagrafica alle persone che vivono in strada, al fine di poter avere un medico di base e curarsi”, aggiungendo che “nel Comune di Ferrara, a tutela della popolazione più vulnerabile, sono presenti il Pronto intervento sociale, lo Sportello sociale unico integrato, Asp e l’unità di strada”.

Servizi pubblici, a fianco dei quali, sono presenti “numerose realtà del privato sociale (Odv, Aps, associazioni, gruppi informali di cittadine e cittadini) la cui missione è supportare persone e nuclei in difficoltà socioeconomica, in coerenza con il principio di tutela della dignità umana”.

Zonari ha aggiunto che “l’assessore alle Politiche sociali ha dichiarato alle principali testate locali che il ‘piano freddo’ prevede la disponibilità di ‘quasi 100 posti'”, evidenziando che “anche a Ferrara sono presenti diverse persone (sia uomini che donne) che dormono all’aperto”, che “nella quasi totalità dei casi si tratta di donne e uomini estremamente vulnerabili che non scelgono di vivere secondo questa modalità”, e che “tale vulnerabilità è spesso legata a patologie di natura fisica, psicologica o a dipendenze multiple”.

Da qui a una serie di domande rivolte al sindaco e all’assessore competente per sapere se “il Comune, in collaborazione con i servizi pubblici e privati sopracitati, possiede un osservatorio sul numero effettivo delle persone senza fissa dimora che dormono lungo le strade del territorio”, se “il Comune, in collaborazione con i servizi pubblici e privati sopracitati, monitora i bisogni di queste persone e il loro soddisfacimento e se sì come”.

Zonari ha inoltre chiesto “qual è l’effettiva distribuzione dei ‘quasi cento posti’ dichiarati e come sono suddivisi tra uomini e donne”, se “l’accoglienza presso queste strutture è garantita anche a chi possiede un animale d’affezione”, quali “sono gli orari e le modalità di attivazione del Pris”, e a “quante persone che vivono in strada è stata concessa l’iscrizione all’anagrafe per poter accedere al medico di base e curarsi”.

La consigliera de La Comune ha concluso, rivolgendosi all’Amministrazione, per conoscere se “il Comune intende, nell’ottica della co-programmazione e co-progettazione, istituire un tavolo sulla povertà aperto alle realtà del Terzo settore impegnate nel contrasto alle povertà e alla marginalità”.

Linee di mandato. Fabbri snobba il consiglio comunale

Anna Zonari fa presente che da oltre sette mesi non è stato possibile confrontarsi sul programma del sindaco, nonostante le ripetute richieste della minoranza

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Apprendo dalla stampa locale con un certo sgomento che il documento sulle linee di mandato, composto da circa 25 pagine, è stato analizzato e approfondito da una testata locale, mentre i consiglieri comunali, a oltre sette mesi dall’inizio del mandato, non hanno avuto modo di confrontarsi su di esso, nonostante le ripetute richieste della minoranza.

Ritengo inaccettabile che il sindaco Alan Fabbri abbia deciso di condividere le linee di mandato con un giornale locale senza averle prima presentate al Consiglio Comunale, organo democratico che rappresenta tutti i cittadini.

Le linee di mandato rappresentano un momento fondamentale per definire le priorità e gli obiettivi dell’amministrazione comunale. La loro mancata presentazione in Consiglio Comunale non solo viola il principio di trasparenza, ma mina la fiducia nelle istituzioni e nei processi democratici.

Chiedo pertanto al sindaco Fabbri di chiarire le ragioni di questa scelta e di convocare al più presto una seduta del Consiglio Comunale in cui il documento possa essere illustrato e discusso: la trasparenza e il rispetto delle istituzioni sono i pilastri di una buona amministrazione: non possiamo tollerare che siano messi in secondo piano.

Centrali a biogas, tra profitto e salute pubblica

Proteste, criticità e appelli, l’allarme ambientale lanciato a Villanova all’assemblea sulla proliferazione degli impianti. I cittadini chiedono una pianificazione sostenibile per il territorio

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Villanova di Denore. Nel suggestivo ambiente della chiesa di San Biagio, a Villanova di Denore, sabato mattina (18 gennaio) si è svolto un incontro pubblico per parlare della proliferazione in Provincia di impianti a biogas e biometano, in un contesto in cui le autorizzazioni rilasciate continuano ad aumentare e in cui, proprio pochi giorni fa, è arrivata la notizia che la centrale a biometano a Gaibanella si farà, nonostante il consiglio comunale avesse votato in maniera unanime per il no. Circa un centinaio di persone – fra cittadini, rappresentanti politici ed esponenti dei comitati – hanno preso parte all’assemblea organizzata dal Coordinamento provinciale dei comitati Nobiogas Nobiometano e dalla Rete Giustizia Climatica Ferrara.

“Siamo ormai a più di 50 impianti di biogas e biometano nel Ferrarese – ha iniziato Corrado Oddi, della Rete Giustizia Climatica – esistenti o in via di realizzazione. Solo negli ultimi 3 mesi ne sono stati autorizzati più di una decina”. Subito dopo, Sandra Travagli, la referente del comitato di cittadini contrari alla centrale di Villanova, ha messo in fila una serie di criticità per evidenziare a gran voce la necessità di pianificazione “per le forti ricadute che questi hanno a livello ambientale e sulla salute e la sicurezza degli abitanti”. Nel suo discorso, Travagli ha constatato come le centrali siano totalmente scollegate dall’economia del territorio, non portando quindi benefici a chi ci abita, e ha aggiunto: “Gli impianti non producono redditività né autonomia, stanno in piedi solo grazie ai fondi del Pnrr”. A questo proposito, il comitato di Fondo Reno ha poi evocato un allarmante scenario. “Quando finiranno i finanziamenti – ha affermato infatti Andrea Vaccari – c’è il rischio che le centrali verranno abbandonate, generando scheletri industriali su tutto il territorio, di cui le multinazionali che ora le gestiscono a quel punto si disinteresseranno”. Altro punto nodale, la questione del trasporto: “Si tratta di un problema terribile – ha proseguito Travagli –, il trasporto delle biomasse comporta un carico di spesa per la manutenzione delle strade molto cospicuo che diversamente si potrebbe destinare ad altri fini”. Quindi l’appello congiunto, da parte della Rete Giustizia Climatica e dei Comitati provinciali, per chiedere ai rappresentanti politici di fare decisamente di più nel difendere le battaglie dei cittadini.

È stato Paolo Calvano, capogruppo del Partito Democratico in assemblea regionale, a rispondere al sollecito, rivolto alla Regione, di una rinnovata incisività nel tutelare l’ambiente e gli interessi dei territori e degli abitanti. Ha innanzitutto voluto precisare i margini di manovra limitati: “È una materia su cui la Regione può legiferare solo stando dentro i vincoli che gli dà la normativa nazionale. Perché nel momento in cui straborda, anche solo di poco, rispetto a quei limiti, la Presidenza del consiglio dei ministri impugna la legge facendole perdere la sua efficacia”. Dopo questa premessa, Calvano ha voluto rimarcare con forza da una parte la conseguente necessità di coinvolgere il legislatore nazionale, per riuscire a operare delle modifiche sostanziali e determinanti alla radice. Dall’altra, ha esplicitato la determinazione da parte della Regione “di fare il massimo per quello che le è concesso”.

Le testimonianze che si sono susseguite nel resto della mattinata hanno contribuito a fare luce da una molteplicità di prospettive differenti sulle centrali a biometano e a biogas. Il medico Adele Pazzi ha dichiarato di “voler mostrare il lato oscuro della faccenda” sostenendo che non si tratta né di fonti rinnovabili, né di un sistema che promuove l’economia circolare. “Anche gli impianti a biometano devono essere continuamente riforniti e creano rifiuto. Sono molto energivori e bruciano combustibile fossile”. Lorenzo Menghini (del comitato di Bondeno) ha calcolato che, considerando il transito di mezzi pesanti causati unicamente dalla centrale del suo Comune, sono previsti oltre 13 mila passaggi all’anno. “È questa l’economia circolare a cui fanno riferimento? Io parlerei piuttosto di economia di circolazione dei mezzi”. Danila Ori (del comitato Gaibanella vuole respirare) ha ammesso di aver pianto la sera in cui è stato annunciato che, nonostante la contrarietà del consiglio comunale al progetto, verrà comunque realizzata la nuova centrale. “Bisogna cambiare le leggi perché altrimenti si continuerà a ritenere il profitto più importante della salute e del benessere dei cittadini”. Anna Zonari, consigliera comunale a Ferrara de La Comune, ha denunciato che “non è possibile che i cittadini e i comitati siano esclusi dalla Conferenza dei Servizi. Serve un piano energetico veramente sostenibile, perché abbiamo urgenza di muoverci nella direzione giusta. Che non è di sicuro quella delle speculazioni finanziarie e delle multinazionali estere che vengono a colonizzare il territorio”.

Anche Patrizia Bianchini (già assessore provinciale del Pd dal 2009 al 2014) ha evocato l’ingombrante presenza di interessi economici insensibili a chi nella Provincia ci vive. Cristian Bertarelli, sindaco di Lagosanto, ha suonato l’allarme dicendo che “ogni minuto che passa ci avvicina ad avere un nuovo impianto davanti alla porta di casa” e ha puntato il dito sulla Regione nell’affermare che si tratta dell’unica autorità che potrebbe alzare delle barriere per fermarne l’avanzamento incontrollato. Un’attribuzione di responsabilità su cui anche Sergio Golinelli, come esponente di Alleanza Verdi e Sinistra, si è trovato d’accordo. “All’interno di una procedura molto semplificata come è la Conferenza dei Servizi, alla fine Arpae tira le fila con un atteggiamento di tipo notarile. Ma Arpae è un’agenzia che avrebbe come scopo la tutela ambientale e non certificare il rispetto delle leggi. È quindi indispensabile che intervenga la Regione, da cui Arpae dipende, per dare un orientamento politico forte”.

In conclusione, una testimonianza dal rappresentante dei comitati di Reggio Emilia, Emiliano Codeluppi, che è venuto in trasferta a Denore di Villanova per portare un messaggio di solidarietà e vicinanza alla causa. “La messa no biogas del sabato nel ferrarese è qualcosa di stupendo”, ha ammiccato Codeluppi, facendo riferimento alla chiesa di San Biagio in cui si è svolto l’incontro pubblico. “A Reggio Emilia siamo disperati come voi. Non dimentichiamoci che l’inquinamento travalica i confini provinciali e regionali. I famosi camion che circolano arrivano anche da molto lontano”.

COMUNICATO STAMPA: Autorizzazione per l’impianto di biometano: serve maggiore trasparenza e tutela del territorio

L’Agenzia Regionale per la Prevenzione, l’Ambiente e l’Energia (ARPAE) dell’Emilia-Romagna ha rilasciato l’autorizzazione unica per la realizzazione e l’esercizio di un impianto di biometano a Gaibanella. La decisione è giunta dopo un procedimento di difficile comprensione per i non addetti ai lavori, nonostante incida in maniera importante sul territorio e chi lo abita, in primis i cittadini.

Solo un mese fa, 17 dicembre 2024, ARPAE aveva concluso l’ultima Conferenza dei Servizi, annunciando un preavviso di diniego alla costruzione dell’impianto, sostenendo che la posizione finale contraria espressa dal Comune di Ferrara doveva essere ritenuta prevalente rispetto a tutti i pareri espressi. Infatti, il Consiglio Comunale, con il voto unanime del 2 dicembre, aveva deciso di non concedere il permesso a costruire in deroga alle distanze minime di sicurezza che un simile impianto dovrebbe rispettare rispetto a luoghi sensibili come abitazioni, edifici storici e strutture ospedaliere.
Tuttavia, il 13 gennaio 2025, nel testo dell’autorizzazione rilasciata da ARPAE, si legge come “le motivazioni che accompagnano l’espressione contraria del Consiglio Comunale non siano pertinenti rispetto all’oggetto della discussione affidata allo stesso organo consiliare”. Questa dichiarazione solleva interrogativi importanti su cosa significhi concretamente questa affermazione e su quali dovrebbero essere le reali competenze del Consiglio Comunale in simili procedimenti.
La sensazione che emerge oggi è che la voce della politica e dei cittadini venga messa in secondo piano rispetto alla predominanza dei pareri tecnici e della legislazione nazionale. I cittadini si chiedono: quale potere ha la politica locale di fronte a decisioni di questa portata?
A nostro avviso, si sarebbe potuto fare di più per tutelare il territorio e il benessere di chi lo vive, a partire da un reale processo di partecipazione con la comunità.
Un passo in più lo avrebbe potuto portare anche l’approvazione (e non la bocciatura) dell’emendamento che avevo proposto durante la discussione del Piano Urbanistico Generale (PUG), che prevedeva l’introduzione di distanze minime specifiche per la localizzazione di impianti come quello del biometano dai luoghi sensibili. L’approvazione di questa proposta avrebbe permesso di rafforzare il diniego del Comune in sede di Conferenza di Servizi.
Inoltre, a dicembre, non è stato possibile discutere la mozione che avevo presentato per impegnare il Consiglio Comunale a sostenere i cittadini di Gaibanella nelle eventuali azioni legali contro il rilascio dell’autorizzazione, mettendo a disposizione risorse e supporto per ricorrere contro la decisione. In tale mozione, si chiede anche di avviare un confronto politico a tutti i livelli – provinciale, regionale e statale – per affrontare il problema del cumulo degli impatti ambientali derivanti dalla proliferazione di impianti di biogas e biometano nella provincia di Ferrara, ormai giunti a 50 unità. Questo fenomeno, se non monitorato adeguatamente e non accompagnato da una oculata pianificazione urbanistica, rischia di avere gravi conseguenze sulla qualità della vita dei cittadini, sia in termini di salute che di vivibilità del territorio.
È urgente che le autorità locali e regionali, i sindaci, le forze politiche, in collaborazione con i cittadini e i comitati, facciano un passo in avanti per affrontare i temi legati all’energia e all’ambiente in modo equilibrato, responsabile e realmente sostenibile. Chiediamoci infatti: in assenza dei lauti incentivi a costruire questi impianti, quante domande verrebbero presentate? 

Anna Zonari
Consigliera Comunale La Comune di Ferrara

Biometano, Zonari (La Comune): “Voce di cittadini e politica messa in secondo piano”

La consigliera ha ricordato l’emendamento sulle distanze minime rispetto ai luoghi sensibili

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Agenzia regionale per la prevenzione, l’ambiente e l’energia dell’Emilia-Romagna ha rilasciato l’autorizzazione unica per la realizzazione e l’esercizio di un impianto di biometano a Gaibanella”. La presidente del Gruppo consiliare La Comune Anna Zonari è intervenuta sul tema.

“La decisione – ha spiegato l’esponente di opposizione – è giunta dopo un procedimento di difficile comprensione per i non addetti ai lavori, nonostante incida in maniera importante sul territorio e chi lo abita, in primis i cittadini. Solo un mese fa, 17 dicembre 2024, Arpae aveva concluso l’ultima Conferenza dei servizi, annunciando un preavviso di diniego alla costruzione dell’impianto, sostenendo che la posizione finale contraria espressa dal Comune di Ferrara doveva essere ritenuta prevalente rispetto a tutti i pareri espressi”.

Distanze minime

Zonari ha ricordato che “infatti, il Consiglio comunale, con il voto unanime del 2 dicembre, aveva deciso di non concedere il permesso a costruire in deroga alle distanze minime di sicurezza che un simile impianto dovrebbe rispettare rispetto a luoghi sensibili come abitazioni, edifici storici e strutture ospedaliere. Tuttavia, il 13 gennaio 2025, nel testo dell’autorizzazione rilasciata da Arpae, si legge come ‘le motivazioni che accompagnano l’espressione contraria del Consiglio comunale non siano pertinenti rispetto all’oggetto della discussione affidata allo stesso organo consiliare’. Questa dichiarazione solleva interrogativi importanti su cosa significhi concretamente questa affermazione e su quali dovrebbero essere le reali competenze del Consiglio comunale in simili procedimenti”.

Trasparenza e partecipazione

Da qui alla considerazione che “la sensazione che emerge oggi è che la voce della politica e dei cittadini venga messa in secondo piano rispetto alla predominanza dei pareri tecnici e della legislazione nazionale. I cittadini si chiedono: quale potere ha la politica locale di fronte a decisioni di questa portata? A nostro avviso, si sarebbe potuto fare di più per tutelare il territorio e il benessere di chi lo vive, a partire da un reale processo di partecipazione con la comunità. Un passo in più lo avrebbe potuto portare anche l’approvazione (e non la bocciatura) dell’emendamento che avevo proposto durante la discussione del Piano urbanistico generale, che prevedeva l’introduzione di distanze minime specifiche per la localizzazione di impianti come quello del biometano dai luoghi sensibili”.

Confronto su più livelli

La consigliera de La Comune ha aggiunto che “l’approvazione di questa proposta avrebbe permesso di rafforzare il diniego del Comune in sede di Conferenza di servizi. Inoltre, a dicembre, non è stato possibile discutere la mozione che avevo presentato per impegnare il Consiglio comunale a sostenere i cittadini di Gaibanella nelle eventuali azioni legali contro il rilascio dell’autorizzazione, mettendo a disposizione risorse e supporto per ricorrere contro la decisione. In tale mozione, si chiede anche di avviare un confronto politico a tutti i livelli – provinciale, regionale e statale – per affrontare il problema del cumulo degli impatti ambientali derivanti dalla proliferazione di impianti di biogas e biometano nella provincia di Ferrara, ormai giunti a 50 unità”.

La presidente del Gruppo consiliare ha concluso che “questo fenomeno, se non monitorato adeguatamente e non accompagnato da una oculata pianificazione urbanistica, rischia di avere gravi conseguenze sulla qualità della vita dei cittadini, sia in termini di salute che di vivibilità del territorio. E’ urgente che le autorità locali e regionali, i sindaci, le forze politiche, in collaborazione con i cittadini e i comitati, facciano un passo in avanti per affrontare i temi legati all’energia e all’ambiente in modo equilibrato, responsabile e realmente sostenibile. Chiediamoci infatti: in assenza dei lauti incentivi a costruire questi impianti, quante domande verrebbero presentate?”.